Maria Margherita Tosi ,  Emilio Del Giudice

Nella nostra epoca è diffusa l’opinione che occorra lavorare duramente per ottenere risultati. Questa opinione si applica anche alle terapie.

Si dice spesso infatti che per guarire una malattia seria occorra una “cura da cavallo”. Si capisce in questo quadro, perché molti scienziati convenzionali non riconoscano l’impatto negativo dei campi elettromagnetici di debole intensità sulla salute, oppure l’impatto positivo di cure come l’omeopatia o le cosiddette “terapie dolci”, in cui l’agente terapeutico ha una debole intensità.

Si deve perciò presumere che alla base di tutte queste opinioni vi sia la credenza che la risposta di un organismo vivente ad una stimolazione sia proporzionale all’intensità della stimolazione stessa.

La tradizione della fisiologia scientifica è però diversa. Alla metà dell’800 fu formulata da Weber e Fechner (1)(autore quest’ultimo di un trattato di psicofisiologia) una importante legge verificata per tutte le specie viventi: “La risposta di un organismo vivente ad uno stimolo è proporzionale al logaritmo dello stimolo”.

Negli ultimi decenni questa legge, considerata valida per un lungo periodo, è stata dimenticata, come pure altri importanti risultati della fisiologia: ad esempio l’esame accurato dei processi di guarigione spontanea di patologie, oppure la dipendenza dell’origine delle patologie dalla struttura biologica interna dell’organismo (il così detto “terreno”) invece che dall’azione di agenti patogeni esterni.

Questa eclissi è avvenuta quando l’egemonia nel pensiero medico è stata conquistata dalla farmacologia e più in generale dal mito dell’intervento forte, ispirato da un lato dagli interessi dell’industria farmaceutica, dall’altro dall’ ideologia dominante dell’epoca moderna che pretende che con la forza si  ottenga tutto.

Per comprendere la portata della legge di Weber e Fechner occorre chiarire cosa sia un logaritmo. Il grafico che rappresenta questa funzione matematica è dato in figura 1. Si vede chiaramente che la funzione log x vale 0 quando x=1, cresce lentamente per valori di x maggiori di1; per esempio log10=1, log100=2, log1000=3 e così via.

Quando invece x è più piccolo di 1, il valore del logaritmo diventa negativo ed il suo valore assoluto diventa tanto più grande quanto più piccolo è x; per esempio log0,1=-1, log0,01=-2, log0,001=-3.

Fig.1 Grafico della funzione Logaritmo

Si deduce quindi dalla legge di Weber e Fechner che quando lo stimolo eccede un valore critico la risposta è positiva, cioè diretta verso l’esterno e cresce lentamente con l’intensità dello stimolo; quando invece lo stimolo è al di sotto di questo valore critico, la risposta è negativa, cioè diretta verso l’organismo stesso, che subisce quindi una ristrutturazione, la cui entità è tanto più grande quanto più piccolo è lo stimolo.

La portata della legge di Weber e Fechner non può essere sottovalutata. Essa è in plateale contrasto con le aspettative, fondate sulla fisica classica, in cui la variazione dello stato di moto di un corpo cresce proporzionalmente all’intensità della forza applicata.

L’ideologia moderna è nata proprio sulla base delle aspettative generate dalla fisica classica. Non a caso la legge di Weber e Fechner venne dimenticata proprio nei primi decenni del ‘900, periodo in cui, sulla base del programma vincente della scuola medica di Berlino capitanata da von Helmholtz, la scienza medica veniva obbligata a conformarsi alle leggi della fisica e della chimica allora vigenti.

 Questa “fisicalizzazione” delle scienze della vita richiede un commento. E’ giusto che le scienze che descrivono i vari aspetti della natura debbano necessariamente subordinarsi alle formulazioni della fisica dominante nell’epoca data? E’ giusto lasciar cadere risultati ottenuti sulla base dell’osservazione dei comportamenti naturali, quando questi risultati entrino in contrasto con la fisica dominante ovvero non siano suscettibili di formulazioni matematiche? L’opinione della cultura dominante è appunto questa. E’ perciò stupefacente la conoscenza del punto di vista del grande fisico italiano Ettore Majorana, che in una lettera privata del 1937, recentemente trovata da Francesco Guerra e Nadia Robotti (2), scrive:

Io credo nell’unità della scienza, ma appunto perché ci credo sul serio, penso che finché esisteranno praticamente scienze distinte con oggetti diversi, nessun errore sia così pernicioso come la confusione dei metodi. In particolare il metodo matematico non può essere di alcuna sostanziale utilità in scienze che sono attualmente estranee alla fisica. In altre parole, se un giorno si scoprirà la faccia matematica dei più semplici fatti della vita e della coscienza, questo certissimamente non accadrà per una naturale evoluzione della biologia o della psicologia, ma solo perché qualche ulteriore radicale rinnovamento dei principi generali della fisica permetterà di estenderne il dominio in campi che le sono ancora estranei… In attesa che la fisica compia nuovi miracoli si dovrebbe quindi raccomandare ai cultori delle discipline di affidarsi ai metodi propri di ciascuna e di non cercare modelli o suggestioni nella fisica di oggi meno ancora che in quella di ieri. Perché la fisica che potrà un giorno dire la verità definitiva su fatti biologici o morali è qualche cosa di cui non abbiamo ancora alcun presentimento.”

Questa opinione di Majorana richiede alcuni commenti. Quando egli parla del metodo matematico, si riferisce presumibilmente ad una concettualizzazione di tipo matematico-deduttivo della disciplina data e non esclude l’uso di relazioni quantitative tra grandezze come quella data dalla legge di Weber e Fechner ; la matematica in questo caso è usata come mero strumento di descrizione e non come produttrice di algoritmi atti alla deduzione. La dinamica concettuale adombrata da Majorana sembra essere la seguente: i cultori delle varie discipline naturali trovano dall’osservazione empirica leggi che regolano le dinamiche che essi studiano e queste leggi in generale non trovano spiegazione nelle formulazioni della fisica vigenti all’epoca; i fisici, stimolati da questa sfida, possono investigare (cosa che può richiedere tempi lunghi o addirittura intere epoche storiche) quali cambiamenti le leggi della fisica richiedano per comprendere i risultati delle altre discipline. Perciò, lungi dal bloccare lo sviluppo delle altre scienze, la fisica può trovare da questi sviluppi materiale utile al proprio progresso, contribuendo, da questo momento in poi, allo sviluppo delle altre discipline.

Vale la pena in questo quadro esaminare quale appare essere il principale contrasto tra le leggi della vita osservate empiricamente e le concezioni della fisica dominante nel passato allo scopo di vedere se questo contrasto sussiste ancora. Dobbiamo notare innanzi tutto che la soluzione del contrasto coinvolge entrambi i fronti: gli scienziati della vita e i fisici. Vogliamo ricordare che a cavallo tra il XIX e XX secolo, le scienze della vita trovarono, al di fuori di ogni subordinazione alla fisica dell’epoca, formulazioni scientifiche di vasta portata. Esse però furono bloccate dal pregiudizio,così fortemente deplorato da Majorana, che esigeva di subordinare immediatamente ogni affermazione sull’organismo vivente alla sua compatibilità o, peggio ancora, derivabilità dalla fisica e dalla chimica contemporanee.

Il contrasto su esposto fu principalmente quello avvenuto in Germania tra la scuola fisicalista di von Helmholtz – che trovò importanti esponenti nei chimici Emil Fischer e Paul Ehrlich, autore quest’ultimo del concetto del farmaco come pallottola magica killer destinata ad uccidere il microbo invasore responsabile della malattia – e la scuola vitalistica capitanata da Driesch, che ebbe tuttavia l’appoggio del grande matematico Bernhard Riemann. Il contrasto approdò negli anni ’20 al successo della scuola fisicalista e della corrispondente farmacologia, ispirata alla concezione di Ehrlich  della medicina come la  guerra svolgentesi all’interno di un corpo passivo e neutrale fra due forze esterne, in cui la forza del male era rappresentata dall’agente patogeno invasore e la forza del bene rappresentata dal farmaco salvifico dato dal medico demiurgo. Questa concezione è ancora oggi l’ideologia della classe medica e più in generale del mondo delle terapie convenzionali.

Benché sconfitta sul piano della dominanza ideologica, la scuola vitalistica ha tuttavia ispirato numerose acquisizioni scientifiche, come la scoperta del campo morfogenetico ad opera della scuola russa di Gurwitsch e della biodinamica di Rollin Becker e ha influenzato lo sviluppo della psicodinamica del profondo iniziata da Freud e che ha trovato la sua più matura espressione nelle concezioni di W. Reich e di sua figlia Eva.

In queste concezioni ispirate al vitalismo, l’essere vivente è caratterizzato da una dinamica di autorganizzazione, è un sistema capace di iniziativa autonoma, aperto all’ambiente esterno, che diventa l’oggetto della sua iniziativa. Mentre l’oggetto della fisica classica è caratterizzato dalla tendenza all’ equilibrio inerte, l’organismo vivente, come scrisse Ervin Bauer(3), impiega la sua energia per restare permanentemente lontano dall’equilibrio, il cui raggiungimento coincide con la morte. Questa forma di energia che mantiene l’organismo lontano dall’equilibrio viene a coincidere con la pulsazione dell’orgone (orgonica) di Reich(4), espressione più matura del concetto freudiano di libido.

In tutti gli approcci biodinamici la malattia è vista come un disturbo di questa pulsazione e la terapia, come l’eliminazione del disturbo attraverso la risonanza della pulsazione turbata con le pulsazioni esistenti negli altri esseri viventi e più in generale, nella natura. E’ importante sottolineare che l’elemento essenziale di questa concezione non è la quantità di energia coinvolta nella pulsazione, ma la sua qualità, data dal ritmo che, come in una sinfonia, garantisce l’accordo di tutte le parti dell’organismo e lo mantiene nel corso del tempo.

Uno stimolo che coinvolga una grande quantità di energia fa scattare nell’ organismo  tutti i campanelli d’allarme preposti al mantenimento della sua identità ed impedisce proprio l’instaurarsi dell’armonia dell’organismo con se stesso e con l’ambiente esterno. Invece uno stimolo la cui intensità rimanga al di sotto delle soglie di allarme, è capace di produrre l’abbandono dell’organismo al suo proprio ritmo; l’organismo trova allora nello stimolo soltanto l’indicazione della strada verso l’armonia e non una forza esterna a cui doversi sottomettere. Lo stimolo non si presenta perciò come la forza che produce un movimento dall’esterno, ma come l’invito a generare un movimento dall’interno, sfruttando perciò proprio il principio vitale di stare lontano dall’equilibrio. Questa enfasi sul ritmo della pulsazione vitale e non sulla quantità di energia nell’organismo trova espressione nella concezione di Reich dell’origine della malattia dall’ingorgo energetico e dalla incapacità dell’organismo di cedere energia.

La buona salute non coincide perciò con  avere molta energia, ma piuttosto con la capacità di donare all’esterno tutta l’energia eccedente il livello di mantenimento della pulsazione vitale. Questa concezione trova espressione matura nel lavoro di Eva Reich (5). E. Reich si chiese quale potesse essere il contributo di un medico-pediatra, quale lei era, operante nel quadro dello schema teorico e dei risultati scientifici ottenuti da suo padre W. Reich. Eva dichiara che seguendo le ricerche del padre ha imparato che lo spazio è vivo, che lavorare con lo spazio è come “accarezzare un essere vivente” e che l’energia che c’è nello spazio può essere utilizzata in medicina. Eva definisce “oceano vivente” l’energia che ci circonda e teme che l’uomo possa distruggerla e così distruggere il mondo: “la terra è una deliziosa navicella spaziale dai riflessi blu e la tragedia è che è in pericolo di vita”. Perciò si è dedicata soprattutto alla gestazione, alla nascita e ai primi momenti della vita per rendere possibile una trasformazione umana: “ogni bambino nasce bello e amorevole, con mente aperta e flessibile e subito viene più o meno distrutto dal far nascere da una nascita medicalizzata e da come è trattato dai trattamenti successivi”. Eva chiama questo tentativo di costruire una umanità nuova “prevenzione delle nevrosi dalla nascita in poi” che  è fondamentalmente progettata  per  tenere in movimento il flusso energetico del corpo umano prevenendo blocchi, consentendogli di irradiarsi verso l’esterno e anche di contrarsi, se necessario, in modo non rigido (6) ( le frasi in corsivo sono tratte da una intervista rilasciata da Eva Reich) .

L’insieme delle acquisizioni compiute dalle terapie che abbiamo fin qui discusso è sufficientemente maturo da suggerire un loro confronto con gli sviluppi della fisica contemporanea per verificare la possibilità di quell’incontro già auspicata da W. Reich. Riprendendo le considerazioni svolte da Majorana nella lettera citata in precedenza, possiamo chiederci se la fisica abbia compiuto, nei tempi moderni e magari inconsapevolmente, quella rivoluzione che può metterla in grado di affrontare il fenomeno della vita, della sua evoluzione nel tempo e dell’emergenza di una psiche dalla dinamica della materia vivente. Alla luce degli sviluppi degli ultimi decenni ci sentiamo di azzardare una risposta positiva a queste domande. Il punto di partenza di questa rivoluzione concettuale nella fisica è stato senza dubbio il passaggio dallo schema classico, fondato da Galileo e Newton, allo schema quantistico. Nello schema classico la materia è concepita come un oggetto inerte, il cui movimento uniforme può variare soltanto sulla base dell’applicazione di forze esterne. Inoltre, la materia è concepita come suddivisa in corpi in linea di principio isolabili reciprocamente, in ognuno dei quali è possibile determinare con precisione tutte le variabili dinamiche come l’energia, la quantità di moto, il momento angolare, oltre che naturalmente la posizione nello spazio-tempo. In questo schema però non c’è posto per l’apparizione di una dinamica di autorganizzazione, cosa che ha impedito finora un dialogo produttivo tra i fisici e gli studiosi della vita. Al contrario, nello schema quantistico, ogni oggetto fisico, sia esso un corpo materiale oppure un campo di forza, è intrinsecamente fluttuante e capace di compiere un insieme di oscillazioni spontanee in grado di accoppiarsi con un insieme di campi esistenti in natura, denominati nel gergo dei fisici “campi di gauge”. Un esempio di tali campi, che è anche l’unico rilevante per la dinamica molecolare, è il potenziale del campo elettromagnetico. Grazie a questo accoppiamento tutti i corpi esistenti nell’universo acquistano la possibilità di correlarsi reciprocamente anche a grandi distanze, perdendo perciò la proprietà di isolabilità che abbiamo visto essere uno dei capisaldi della fisica classica.

Già nel 1916 Walter Nernst(7), uno dei padri della fisica quantistica, preconizzava che i sistemi materiali complessi e in ultima analisi l’intero universo potessero acquisire una dinamica unitaria grazie all’accoppiamento delle loro fluttuazioni quantistiche. La visione di Nernst veniva a corroborare nei tempi moderni il sogno antico di Epicuro e di Lucrezio.

 Negli ultimi decenni la teoria quantistica dei campi (8) è stata in grado di fissare in modo rigoroso le condizioni sotto le quali un insieme di molecole indipendenti oscillanti in modo casuale, riesce a trasformarsi in un insieme correlato di molecole oscillanti all’unisono, con un’unica fase, come dai fisici è chiamato il ritmo di oscillazione.

Questo stato correlato della materia è chiamato dai fisici stato coerente. Nello stato coerente le molecole si muovono al ritmo di un campo elettromagnetico intrappolato all’interno dell’insieme di molecole e quindi incapace di essere irradiato all’esterno. Le oscillazioni del campo elettromagnetico intrappolato costituiscono la musica al cui ritmo le molecole danzano collettivamente. La lunghezza d’onda di questo campo intrappolato fissa la taglia spaziale dell’insieme coerente, chiamato dai fisici dominio di coerenza. Si può dimostrare che l’insieme di molecole nello stato coerente ha un’energia totale più bassa del corrispondente insieme non coerente, per cui lo stato coerente è stabile e la sua distruzione richiede un apporto di energia esterna.

Questa teoria si applica a tutte le specie molecolari e giustifica l’apparizione degli stati condensati della materia (liquido e solido) a partire dallo stato gassoso. In questo quadro generale un ruolo particolare è svolto dall’acqua, nella quale l’oscillazione coerente delle molecole avviene tra una configurazione in cui tutti gli elettroni della molecola sono fortemente legati ai nuclei e un’altra configurazione in cui un elettrone per molecola è pressocché libero, restando penzolante fuori dalla molecola, con un debole legame con essa.

L’insieme di questi elettroni quasi liberi nei domini di coerenza dell’acqua liquida è suscettibile di essere eccitato dal flusso di energia esterna, dando luogo ad uno spettro di stati eccitati del dominio di coerenza dell’acqua.

Si creano perciò le condizioni per l’instaurarsi di un superiore livello di coerenza: la coerenza di un insieme di domini di coerenza, che porta alla formazione di superdomini più estesi, a loro volta suscettibili di diventare coerenti tra di loro e così via (9). Pertanto nell’acqua, e soltanto nell’acqua, può generarsi una struttura gerarchica di coerenze, capace di correlare vasti insiemi di molecole, generando simultaneamente un insieme complesso di oscillazioni elettromagnetiche, le cui frequenze si associano reciprocamente producendo accordi tra note, come avviene in una partitura musicale.

Queste previsioni della teoria hanno trovato corroborazione sperimentale poiché all’interno dell’acqua liquida sono stati registrati segnali elettromagnetici coerenti traducibili in suoni musicali.

Questo insieme di oscillazioni elettromagnetiche ha un duplice aspetto. In primo luogo, come mostrato tra l’altro dagli esperimenti del premio Nobel Luc Montagnier (10), questa rete di segnali elettromagnetici può governare, sulla  base del principio della risonanza, gli incontri tra le molecole aventi la stessa frequenza del campo. Questi incontri danno luogo a reazioni chimiche il cui output energetico fa cambiare la frequenza del campo e ciò determina l’attrazione di altre specie molecolari. Si genera perciò uno schema biochimico capace di evolversi nel tempo, come accade appunto negli organismi viventi.

L’evoluzione biochimica del vivente è perciò controllata dalla sua rete di segnali elettromagnetici che, visti in sé, sono una struttura ordinata non caotica, di tipo musicale, il cui insieme ordinato di note fornisce un “significato” all’insieme di reazioni biochimiche (processi somatici) da essa controllati (11).

L’intero quadro su esposto dipende principalmente dalla fase delle dinamiche coerenti coinvolte e molto meno dagli scambi di energia. Come la performance di un’orchestra dipende dal ritmo dato agli orchestrali dal direttore d’orchestra molto più che dall’energia comunicata agli strumenti musicali, così in un organismo vivente la dinamica è governata essenzialmente dal valore della fase e molto meno dall’energia scambiata.

Vogliamo concludere segnalando una importante conseguenza derivante dallo schema quantistico.  Esiste in fisica quantistica un principio di indeterminazione per il quale il prodotto dell’incertezza della fase (cioè dell’intervallo di valori che la fase può ricoprire) per l’incertezza del numero di oscillatori coinvolti nell’oscillazione collettiva non può essere più piccolo di una costante universale. D’altra parte, come detto in precedenza, il valore della fase in un organismo vivente deve essere ben definito, per cui l’incertezza della fase deve essere la più piccola possibile. Conseguentemente, l’incertezza del numero di oscillatori deve essere la più grande possibile. La salute di un organismo vivente richiede perciò che la sua oscillazione coerente si estenda al di là del numero abbastanza ben definito degli oscillatori interni del suo corpo e coinvolga un numero indefinito di oscillatori esterni, quindi altri organismi, altre parti dell’universo.

Comprendiamo perciò perché alla sua nascita, l’organismo venuto al mondo richiede risonanza con l’altro da sé (la madre, l’ambiente) con cui entrare in relazione con rapporti di fase e non con massicci flussi di energia che potrebbero perturbare l’armonia dei suoi rapporti di fase. Il respiro, lo sguardo, il suono armonioso, il tocco e l’intervento sottile, sono i mezzi indispensabili attraverso i quali il rapporto di fase tra i vari organi del vivente raggiunge l’equilibrio. Questo rapporto ordinato di fase potrebbe essere visto come il fondamento strutturale della psiche.

 Bibliografia

  1. H.Chisholm (1911)- Weber’s Law- in Encyclopaedia Britannica,11th Ed.-

Cambridge University Press

       2)E.Majorana(1937)-  Lettera privata allo zio Dante, ritrovata da F. Guerra e

N.Robotti, citata da F. Guerra ( professore di Fisica Teorica alla Sapienza)in un seminario tenuto il  5   settembre 2012   all’ Università di Urbino dal titolo “ La complessità in fisica”

3)E. Bauer (1935)-Theoretical Biology-IEM,Moscow-Leningrad ( in russo)-

Edito in inglese dall’Accademia Ungherese delle Scienze nel 1982

4)W.Reich(1975) La funzione dell’Orgasmo- Sugar,Milano

                      (1981)Esperimenti Bionici- Sugar, Milano

5) E.Reich, E.Zornansky(2006)-Bioenergetica Dolce- Tecniche Nuove,Milano

6)S.Wendelstaedt(2010)-Il principio del minimo stimolo e i processi di autoregolazione –in AA.VV.-Grounding- Franco Angeli Ed., Milano

7) W.Nernst (1916)- Uber einem Versuch, von quantentheoretischen Betrachtungen zur Annhame stetiger Energie anderungen zuruckzukeheren-Verh. Deutsch. Physik Gesellschaft- 18, 83-120

8) G.Preparata (1995) – QED Coherence in Matter- World Scientific, Singapore, London

 9) E. Del Giudice, A. Tedeschi (2009)- Water and Autocatalysis in Living Matter- Electromagnetic Biology and Medicine, 28, 46-52

10) L. Montagnier,J. Aissa, E.Del Giudice, C.Lavallée, A. Tedeschi, G. Vitiello (2011)-DNA waves and water-Journal of Physics: Conference Series, 306,012007

11) E.Del Giudice (2010) –Una via quantistica alla teoria dei sistemi- in L. Ulivi Urbani (ed.)- Strutture di Mondo- Il Mulino, Bologna 

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